La musica del Vangelo in India – testimonianza di don Andrea Medanki

Buona sera ai cari ascoltatori. Mi presento: sono don Andrea, sono un prete, sono originario dell’India. Sono stato raggiunto dall’annuncio del Vangelo di Gesù grazie alla mia famiglia in India. I miei genitori avevano ricevuto il Battesimo da adulti. Loro hanno iniziato quel processo di inserire il vangelo nella loro cultura che io ho completato con la scelta del sacerdozio. Sono stato ordinato prete nel 2006.

Per completare la mia formazione sono venuto in Italia: per cinque anni ho studiato Liturgia a Padova, fino al dottorato, conseguito il mese scorso. Negli ultimi tre anni ho svolto il mio servizio pastorale a Canale.

Ora sto preparando le valigie, perché il 16 marzo tornerò in India per insegnare nel seminario, per fare il parroco nella parrocchia che il mio vescovo mi assegnerà e per seguire la scuola per bambini che ho avviato dieci anni fa.

Nei miei studi ho approfondito il tema dell’inculturazione del vangelo nella realtà indiana: il vangelo di Gesù può essere annunciato in India? Ha qualcosa da dire in quella realtà? Può far crescere la fratellanza?

Per rispondere, dobbiamo considerare la realtà di quel paese lontano e per voi misterioso: un grande paese, in una fase di crescita frenetica. Gli esperti prevedono che nel 2050 l’India sarà lo stato più popoloso del mondo. L’India è una specie di specchio del mondo: perché gli indiani vivono in una società multiculturale. L’India è una federazione di tanti stati. Ogni Stato ha la propria cultura, le proprie abitudini alimentari, il proprio modo di celebrare i matrimoni e il proprio stile di vita.

Di questo deve tenere conto chi vuole annunciare il vangelo, come indicato dal Concilio e da Giovanni Paolo II: “L’inserimento del Cristianesimo nelle diverse culture umane”

L’annuncio della fratellanza incontra poi un’altra difficoltà: la divisione in caste. Anche se esse sono state abolite nella Costituzione del 1949, continuano ad esistere nella testa della gente. In India, da sempre, le persone fin dalla nascita appartengono a classi sociali diverse. Al vertice ci sono i Bramini (sacerdoti e insegnanti), poi scendendo, gli Kshatriya (governanti e soldati), i Vaisya (mercanti e commercianti) e i Shudra (lavoratori e artigiani). Una quinta categoria è quella dei “Panchama o intoccabili” o Dalit. L’idea che siamo tutti fratelli è molto difficile da proporre. In India è più facile credere in Dio che accettare che siamo tutti fratelli, uguali, con la stessa dignità e gli stessi diritti.

Ma Papa Francesco nell’esortazione apostolica, Evangelii Gaudium, ci ha incoraggiati ad andare avanti: “La Grazia presuppone la cultura”.  C’è dunque posto per il vangelo in India con le sue tantissime culture. Il Vangelo, innestandosi in queste culture, esprime la sua universalità e addirittura da queste può ricevere nuove bellezze, diventando come un gioiello dalle mille facce brillanti.  Ancora Papa Francesco ha detto che se la Chiesa non ha il coraggio di questo tipo di inculturazione fallisce la sua missione di universalità.

In passato i tentativi di diffusione del cristianesimo in India non hanno dato buoni risultati anzi il primo approccio è stato negativo perché i primi missionari, convinti della superiorità del cristianesimo, avevano creduto di poter sovrapporre il loro messaggio alla cultura locale invece di compenetrarla.

Poi però le cose sono cambiate. Mi piace a questo punto citare un personaggio significativo nel percorso di integrazione del messaggio cristiano con la spiritualità indù, con i suoi metodi di preghiera, di meditazione e con i suoi riti: è Roberto De Nobili, un italiano originario di Roma arrivato in India nel 1605. De Nobili aveva capito che per annunciare il vangelo agli indiani doveva “farsi indiano”. Egli ha cercato di dimostrarlo anche visivamente: si vestiva da Sannyasin indù, indossava il “Poonool” (filo sacro).  è stato il primo missionario che ha imparato il S-a-nscrito e il Tamil, che parlava correttamente, leggeva i Veda e il Vedanta nella scrittura originale indù e dialogava con i Bramini.

Non posso certo raccontare la storia dell’inculturazione del vangelo in India e del dialogo con l’Induismo (per chi fosse interessato, l’ho fatto nella mia tesi: ma vi avverto è in Inglese!).

Cito solo un problema oggi vivo, affrontato nel 2015 dai Vescovi dell’India nel messaggio “Liturgia e vita”: la nazione sta attraversando tempi difficili per la crescente emarginazione dei poveri, dei Dalit e dei Tribali. L’anno scorso la Chiesa Indiana nell’assemblea plenaria ha ribadito che il dialogo con i Dalit e tribali è una priorità urgente nel contesto dell’India. I Dalit sono i fuori casta, i più poveri, i senza diritti. Oggi sarebbero i destinatari privilegiati dell’annuncio di Gesù.

Qual è la sfida della Chiesa in cui vorrei inserirmi? Provare a calare il vangelo nella loro cultura, cercando di armonizzare alcuni loro riti con i riti cristiani. Qualcuno ritiene impossibile tutto questo. Io vi offro la prova concreta che si può: io sono indiano, mi sento a tutti gli effetti indiano, ma sono talmente cristiano che sono Sacerdote di Cristo! Amo tutto ciò che è indiano: il modo di vestire, il cibo, la danza, il modo di pregare indù. Nulla disturba il mio rapporto con Cristo

Nella mia tesi ho analizzato l’affinità tra i rituali di iniziazione indù, che accompagnano la crescita di un bambino e i sacramenti di iniziazione cristiana: Battesimo, Prima Comunione, Cresima… Dico solo una parola sul Sacramento dell’Eucaristia, o “Comunione”. Esso può essere un motore di cambiamento della struttura sociale indiana tuttora dominata dalla divisione in caste. I battezzati di caste diverse, che si trovano insieme a condividere il Pane Eucaristico, terminata la celebrazione come possono continuare a vivere divisi? Si può celebrare la “Comunione” senza interiorizzare e vivere il senso di giustizia sociale, contro ogni forma di discriminazione e di oppressione?

È l’auspicio anche di Papa Francesco che nell’enciclica Fratelli tutti al n. 271, fa sua una chiara indicazione dei Vescovi dell’India: «L’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condividere i valori in uno spirito di verità e amore». Tutto questo mi ha provocato molta gioia, che spero mi accompagni nel ritorno in India.

Per promuovere la fratellanza, oltre all’annuncio del Vangelo ho avviato anni fa la costruzione di una scuola soprattutto per i bambini Dalit, che non hanno accesso all’istruzione. Farò il possibile per offrire ad altri l’opportunità di studiare che io ho avuto e di cui non mi stanco di ringraziare. E chissà che qualche bambino non segua anche la strada del sacerdozio che ha portato me qui in Italia e stassera a condividere con voi questo momento di preghiera e di fratellanza.

Grazie e Buona Quaresima a tutti

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I progetti missionari

L’orfanotrofio Milani Charitable opera a sostegno di bambini e ragazzi poveri e orfani nel territorio dell’Andhra Pradesh nel Sud-Est dell’India. L’orfanotrofio adotta ed aiuta ragazzi poverissimi che non possono ricevere un’adeguata istruzione scolastica a causa della povertà in cui vivono le loro famiglie. continua…

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Il libro di don Andrew (Ananda) Medanki 

Rifacendosi al grande esempio di Santa Madre Teresa di Calcutta durante il Giubileo straordinario della Misericordia, questo libro vuole essere una rilettura ed una riflessione sulle opere di misericordia corporali. Ci mostra lo stile di vita di questa santa perché possiamo seguirne le orme oltre le strade e i bassifondi di Calcutta nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità e in ogni parte del mondo per diventare noi stessi isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza. I proventi della vendita del libro serviranno a sostenere i progetti in Andrha Pradesh.